Malattie urogenitali
Ipertrofia prostatica benigna
Cos'è la prostata?
Prima di parlare di cura dell’ipertrofia prostatica cerchiamo di capirne anatomia e funzione. La prostata è una ghiandola posta al di sotto della vescica maschile e circonda la prima porzione dell’uretra. La sua funzione è quella di produrre il liquido prostatico, importante componente del liquido seminale che contribuisce a garantire vitalità e motilità agli spermatozoi. E’ composta di una porzione centrale e di una periferica (come la polpa e la buccia di un mandarino, rispettivamente).
Cos'è l'ipertrofia prostatica benigna?
L’ipertrofia (o iperplasia) prostatica benigna (IPB) è un ingrossamento benigno della porzione centrale della prostata (‘adenoma’) che si manifesta generalmente i 50 anni. A volte oltre all’ingrossamento dei due lobi prostatici laterali, si associa la formazione di un ‘terzo lobo’ (o lobo medio) che cresce verso l’interno della vescica. Si stima che l’ipertrofia prostatica sia presente nella metà dei pazienti con più di 50 anni e in ¾ di quelli con più di 80 anni. Le dimensioni della prostata, con l’avanzare dell’età, possono arrivare a superare anche di quattro o cinque volte le dimensioni normali fino ad arrivare a quelle di un grosso mandarino o di un’arancia.
Quali le cause?
Le cause della malattia non sono note: è tuttavia probabile che siano numerosi i fattori coinvolti. Data la correlazione con l’avanzare dell’età sembra ragionevole ipotizzare che la variazione dell’assetto ormonale (andropausa) riveste un ruolo importante. I sintomi e le complicanze sono invece docume al fatto che la prostata ingrossata tende a comprimere il tratto di uretra che l’attraversa, ostacolando lo svuotamento vescicale.
Quali i sintomi?
Sintomi dello svuotamento
I sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna molto frequenti sono la difficoltà a urinare (in particolare a iniziare la minzione) e la diminuzione della forza del getto urinario. Questi sintomi sono direttamente connessi all’ostruzione al flusso dell’urina. Spesso la prima manifestazione di questi sintomi avviene alla prima minzione del mattino. A lungo andare, la crescita della ghiandola, che restringe sempre più l’uretra, comporta per la vescica un eccesso di lavoro per espellere l’urina. Col tempo, la vescica prima si ispessisce, successivamente si indebolisce e perde efficienza, con peggioramento della minzione. Possono subentrare minzione in più tempi, senso di svuotamento vescicale incompleto, sgocciolamento terminale.
Sintomi del riempimento
Con l’insorgenza di modificazioni della parete vescicale e della sua innervazione, possono insorgere altri sintomi molto fastidiosi. Infatti, il bisogno urgente di urinare, il bisogno di urinare spesso sia di giorno (pollachiuria) che di notte (nicturia), fino all’incontinenza urinaria da urgenza, sono i sintomi spesso più invalidanti dell’ipertrofia prostatica benigna.
Quali le complicanze?
Il quadro clinico può essere complicato da episodi di ritenzione acuta di urina (blocco improvviso di urinare con necessità di recarsi d’urgenza in pronto soccorso per posizionare un catetere vescicale). Infezioni urinaria acuta (cistoprostatite), calcolosi vescicale, e formazione di diverticoli vescicali sono altre complicanze frequenti. Lo svuotamento incompleto, infatti, comporta la permanenza in vescica di un residuo urinario (residuo post-minzionale) che facilita l’insorgenza di infezioni, formazione di calcoli, ritenzione urinaria cronica (sovradistensione permanente della vescica) fino all’insufficienza renale. .
Come viene fatta la diagnosi?
Visita urologica
In presenza di questi sintomi, la prima cosa da fare è rivolgersi al proprio medico, che valuterà se indirizzare ad una visita specialistica urologica. L’Urologo accerterà la reale presenza di una ipertrofia prostatica e non di altre patologie (ad es., prostatite, tumore). Il primo controllo è solitamente l’esplorazione digitale della ghiandola attraverso il canale rettale. Si tratta di un esame della durata di pochi secondi, che sebbene può talvolta risultare leggermente fastidioso, può dare già delle indicazioni sul volume e sulla presenza di noduli sospetti. Da specificare che l’esplorazione rettale digitale non è richiesta in tutti i pazienti, sarà l’Urologo a valutarne l’utilità caso per caso. L’Urologo inoltre valuterà la gravità dei sintomi e l’impatto sulla qualità di vita.
Accertamenti non invasivi
Tra gli esami di laboratorio si eseguono in genere l’esame delle urine, per verificare la funzionalità renale o la presenza di infezioni, e la determinazione del PSA (antigene prostatico specifico). Il PSA è indicativo, insieme agli altri dati clinici, di eventuali malattie tumorali. Se il medico lo ritiene necessario può richiedere anche esami strumentali generalmente non invasivi. L’ecografia delle vie urinarie studia le dimensioni e la struttura della prostata, oltre che la presenza di ristagno di urina e alterazioni della vescica. L’uroflussimetria valuta il grado di compromissione dello svuotamento vescicale. In base ai risultati di questi controlli, l’ipertrofia prostatica potrà essere classificata in ipertrofia lieve, moderata o severa. A seconda della gravità dei sintomi e della presenza o meno di complicanze, il medico potrà optare per scelte terapeutiche diverse.
Come si cura l'ipertrofia prostatica?
Una scelta complessa
La decisione riguardo al miglior approccio terapeutico va presa caso per caso, personalizzando appunto la scelta in maniera quasi sartoriale. La scelta della migliore cura dell’ipertrofia prostatica che il medico effettuerà nel singolo caso dipende infatti da tre caratteristiche principali del paziente:
- -> condizioni cliniche generali del paziente (ad es., età e comorbilità)
- -> gravità dell’ipertrofia prostatica (sintomi e complicanze)
- -> caratteristiche della prostata (volume, infiammazione, PSA)
Appurate le suddette caratteristiche, la scelta è inoltre influenzata da tre importanti elementi:
- -> linee guida internazionali (ad es., quelle dell’Associazione Europea di Urologia)
- -> esperienza del medico (ad es., tecnologie utilizzate, risultati ottenuti nei propri pazienti)
- -> preferenze del paziente (ad es., tolleranza della terapia orale, rifiuto di trattamenti invasivi, volontà di mantenere l’eiaculazione).
Cura personalizzata
Le preferenze del paziente rappresentano oggi un elemento molto importante per la scelta terapeutica. In certe situazioni cliniche la scelta è abbastanza scontata, ad esempio, sintomi intensi o insorgenza di complicanze nonostante la terapia farmacologica rendono necessaria una terapia invasiva. Tuttavia, nella maggior parte dei casi è fondamentale discutere col paziente i pro e i contro di ogni tipo di trattamento attivo. L’Urologo valuterà il rapporto rischio-beneficio caso per caso (‘personalizzazione della cura’).
Come si cura l'ipertrofia prostatica? - Terapia comportamentale e controlli periodici
L’ipertrofia prostatica non sempre richiede un trattamento attivo. In pazienti senza sintomi o con sintomi molto lievi e senza complicanze, è possibile seguire un regime di controlli periodici, intervenendo con un trattamento attivo solo se i sintomi si aggravano o insorgono complicanze. Modificazioni dello stile di vita, come la regolazione dell’introito idrico, l’eliminazione o riduzione di cibi irritanti o stimolanti per la vescica (spezie come il peperoncino, te, caffè) possono essere misure sufficienti a migliorare sintomi lievi.
Come si cura l'ipertrofia prostatica? - Terapia farmacologica
Farmaci
Il trattamento attivo dell’ipertrofia prostatica può essere di tipo farmacologico o chirurgico. Attualmente i farmaci (di prescrizione) disponibili comprendono:
- gli inibitori della 5-alfa-reduttasi (finasteride e dutasteride) che agiscono bloccando la trasformazione del testosterone nella sua forma attiva, il dehydrotestosterone, responsabile dell’ingrossamento della prostata;
- gli alfa-litici (come terazosina, alfuzosina, silodosina, tamsulosina), che rilassano i muscoli del collo vescicale, dell’uretra prostatica e della prostata, facilitando il passaggio dell’urina nell’uretra.
Mentre l’effetto farmacologico di questi ultimi è abbastanza immediato, l’effetto di finasteride o dutasteride compare solo dopo 6 mesi/1 anno di terapia.
In molti casi l’Urologo può prescrivere l’associazione di inibitori di 5-alfa-reduttasi e alfa-litici. Questa combinazione si è dimostrata efficace nel ridurre il tasso di complicanze e di necessità di intervento in pazienti con prostate piu’ voluminose.
Integratori fitoterapici
Accanto a queste sostanze di sintesi chimica, ne esistono alcune, derivate dal mondo vegetale (fitoterapici), che sembrano essere efficaci nel controllo dei sintomi dell’ipertrofia prostatica. Fra questi, la Serenoa Repens (Saw Palmetto) e il Pygeum Africanum sono i rimedi più documentati; sono in commercio sia come farmaci che, in associazione ad altre sostanze di derivazione vegetale, come integratori dietetici. L’evidenza scientifica sull’efficacia dei fitoterapici è sicuramente inferiore rispetto a quella su inibitori di 5-alfa-reduttasi e alfa-litic
Possibili effetti collaterali
Come tutti i farmaci, anche questi presentano possibili effetti indesiderati che generalmente scompaiono con la sospensione del trattamento. Per gli alfa-litici sono riportati con una certa frequenza, cali della pressione arteriosa, vertigini e stanchezza. Per ridurre l’incidenza di effetti indesiderati si consiglia di assumere il farmaco la sera, prima di coricarsi, e alzarsi lentamente dal letto, rimanendo seduti per un po’ sul bordo. Con la tamsulosina, e ancora più con la silodosina, è frequente osservare la scomparsa dell’eiaculazione. Per la finasteride e la dutasteride gli effetti indesiderati più rilevanti sono la disfunzione erettile e la diminuzione della libido, che tuttavia si presentano in una bassa percentuale di pazienti (1 e 2% rispettivamente).
Come si cura l'ipertrofia prostatica? - Terapia chirurgica
Qualora il trattamento medico risulti inefficace è necessario intervenire chirurgicamente con interventi atti a rimuovere l’adenoma prostatico sia con tecniche endoscopiche sia a cielo aperto. Esistono metodiche invasive tradizionali ed altre piu’ recenti:
– Adenomectomia chirurgica (trans-vescicale o retropubica): è l`intervento tradizionale, che si esegue con un accesso addominale sovrapubico ed é riservato alle prostate di grosse dimensioni.
– Resezione endoscopica transuretrale o T.U.R.P.: é l’intervento endoscopico tradizionale (‘di riferimento’) che si esegue senza “taglio” ma con uno strumento speciale introdotto nel canale urinario attraverso il pene in anestesia. E’ riservato a prostate medio/piccole.
– Vaporizzazione/Resezione/Enucleazione dell’adenoma con Laser: tipi diversi di laser vengono introdotti per via trans-uretrale per distruggere il tessuto adenomatoso. La chirurgia laser presenta vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali (minore emorragia postoperatoria, degenza più breve) ma ha anche alcuni svantaggi quali, a volte, più fastidi (es., bruciore minzionale) nel postoperatorio.
Tecniche alternative
Recentemente sono state proposte nuove terapie alternative che possono presentare dei vantaggi in pazienti selezionati. Tra queste il Rezum, l’iTind, l’Urolift, l’Aquabeam e l’embolizzazione prostatica. Non tutte sono però parimenti efficaci, soprattutto se non precedute da un’attenta selezione del paziente. Ciònonostante, almeno per alcune di esse, la bassa incidenza di complicanze e la minor invasività le rendono una valida alternativa. Una delle indicazioni più frequenti è rappresentata dalla volontà del paziente di mantenere l’eiaculazione.
Efficacia a lungo termine
L’ipertrofia prostatica può ricomparire a seguito di un primo trattamento. Per ognuna delle tecniche sopra elencate, infatti, esiste la possibilità che si renda necessario un nuovo intervento, a distanza di un tempo variabile da metodica a metodica, per rimuovere tessuto adenomatoso ricresciuto.
© 2024, Prof. Emilio Sacco.
U.O.C. Urologia – Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola
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